Il secondo lavoro di Vincenza
Capitolo 8 - Orgia di benvenuto
Mi sollevo dritta dal contratto di lavoro. «Cos’è questa storia del week end al mare?» Ora capisco perché Stefano mi aveva detto di presentarmi con un paio di cambi di abito e il costume da bagno già il primo giorno di lavoro: credevo fosse per delle foto in intimo per la pagina del sito.
Ludmilla mi prende di nuovo le mani, intreccia come prima le dita. La cosa mi fa sentire strana, ma non è spiacevole. Molto meno di quanto possano sentirsi le mie mutandine in questo momento. «Il tuo cliente di domenica è stato così soddisfatto da te che ha chiesto di avere tutte noi per un week end al mare, per lui e i suoi colleghi.» Mi sorride. È il sorriso più fottutamente sincero che abbia mai visto, mi sento sciogliere: è come ammirare l’alba sul mare la prima volta. Il mio fiato si fa a scatti, gli occhi mi bruciano. La bionda sorride. «Grazie, sarà bellissimo!»
Devo essere l’unica che pensa che è il tipico inizio di un pessimo horror, dove delle sciocche ragazze troppo arrapate vengono fatte e a pez— Le labbra di Ludmilla si uniscono ancora alle mie.
Mi sento mancare…
«Sì,» Morena si alza in piedi dal tavolo, «ma non ci andiamo a fare una vacanza, ma per lavoro.»
Le labbra di Ludmilla si staccano dalle mie. Perché? Torna qui! Fa spallucce, la sua voce è miele nel rispondere a Morena. «Cosa importa, andiamo comunque al mare.»
Un angolo delle labbra della mora si solleva. «Il mese di ottobre? Mh…»
Stefano batte le mani, come a richiamare l’attenzione di alunni discoli. «Guardate il lato positivo: avete una gita di lavoro pagata dai clienti.»
Kimberly mette il telefonino in tasca. «Allora sarà meglio farli felici, e non tanto perché ci portano al mare ma per il fatto che la prossima volta potrebbero organizzare per qualche luogo esotico.»
Morena ribatte qualcosa, smontando i sogni della collega, ma il mio pensiero va a Duke Nukem… ci sarà anche lui! Potrò di nuovo essere posseduta da lui, abbracciare il suo corpo scolpito, godere come l’ultima volta che ci siamo incontrati… La mia passera si bagna ancora più che con il bacio di Ludmilla.
Beh, quasi di più. Quella troia bionda bacia davvero bene…
Kimberly lancia di sbieco un’occhiataccia a Morena. «Comunque, non era previsto che ci fottessimo Vincenza, ora che è una delle nostre?»
«Cosa…» Credevo che Stefano scherzasse, prima, quando aveva accennato ad un’orgia di benvenuto.
Le tre ragazze mi fissano, e Ludmilla appare come quella che ha l’espressione meno affamata.
Morena solleva dal pavimento uno zaino da escursionista e apre una delle zip, ci fruga e cava fuori qualcosa. «Dovrò lavarlo, dopo.» Lo dispiega. È un paio di mutande di plastica con…
Spalanco gli occhi: è uno di quei dildo indossabili. Gira con quella roba in uno zai— I miei occhi si aprono ancora più: quella stronza non vorrà usarlo su di me? Brutta puttana, non…
Stefano batte ancora le mani. «So che Vincenza è una splendida ragazza e vorreste fotterla in ogni modo possibile, ma…» Si porta le mani ai pantaloni e li sbottona. «Io sono comunque il capo e, per quanto non mi piaccia far valere i miei privilegi…»
Kimberly sogghigna. «Come no, Ste…»
L’uomo le fa l’occhiolino. «Lo sai che ti amo, bambina…»
Lei gli soffia un bacio da sopra una mano aperta. «Specialmente il mio culetto.»
Il cazzo di Stefano è fuori dalla patta dei pantaloni, che scivolano sul pavimento. Con un piede scalza la scarpa dell’altro e fa il contrario: in un attimo è nudo dalla vita in giù e i vestiti sono appoggiati su una sedia. Le ragazze iniziano anche loro a spogliarsi.
«Forse non lo sapete,» Stefano afferra l’uccello alla base con una mano e mi fa segno di avvicinarmi con l’altra, «ma la nostra Vincenza è stata finalista alla competizione di pompini di Caregan.»
La testa di Kimberly esce dalla maglietta che sta sollevando. I suoi capelli biondi le piovono dietro come se fossero una cascata. «Davvero? Credevo che quella gara fosse una storia inventata che girava per il Veneto…»
Morena indossa solo il reggiseno nero. Non ha più l’età di noi tre, il suo corpo non è più piacevole come corpi che possiamo vantare noi. Appoggiato contro la figa, ha un fallo rosso, posto all’interno delle mutande di gomma, gemello di quello esterno. «Io avrei vinto una gara simile.» Si penetra e un sorriso che non mi piace prende vita sulle sue labbra.
«Allora potresti insegnarmi qualcosa.» Ludmilla è completamente nuda. Non so se è ancora la tempesta ormonale che i suoi baci mi hanno provocato a farmela apparire bellissima, ma vorrei…
Scuoto la testa. Non ho idea di cosa farei: tutte le mie esperienze lesbiche si sono limitate ad un paio di baci con Martina alle superiori e un 69, una delle esperienze più imbarazzanti della mia vita. Ho comunque l’impressione che oggi livellerò più che nei miei 21 anni precedenti.
Finisco di spogliarmi. Mi slaccio il reggiseno e le mie tette sono davanti a tutti. Sono le più piccole, qui dentro, ma la cosa non mi intimorisce: sono certa che sono le uniche completamente naturali qui dentro. I miei capelli castani scuro non sono inflazionati come le due bionde o volgari come il nero corvino di Morena, la mia pelle ha ancora quel tono olivastro che mi ha donato il sole della Campania, e non bianca come la nebbia di queste parti.
Kimberly fa scorrere i suoi occhi su tutto il mio corpo. «Considerati fortunata, Vincenza, che in mezzo alle gambe ho una pussy, o dovresti tenermi lontana con un palo.»
Morena ridacchia. Il suo uccello di gomma si erge più di quello di Stefano.
Mi avvicino al mio capo. Fare sesso con un superiore perché ha potere è una cosa, ma è sempre meglio che pulire cessi… soprattutto se c’è nei paraggi Teresa.
Stefano mi prende il volto e appoggia un bacio molto più casto di quello di Ludmilla. «Sei bellissima, ragazza.»
Sorrido, ma sono ben conscia di essere bellissima. È metà della mia strategia per essere una donna ricca, felice e che vivrà nel lusso senza fare nulla. L’altra metà ho intenzione di mostrarla a tutti loro.
Mi inginocchio davanti al cazzo del mio capo. Non è più grande della media, forse un po’più grosso. Largo, più che grosso, in effetti. A differenza degli altri, la cappella non ha quella forma da… testa di triceratopo, ma sembra un… - mi mordo le labbra per non ridere, spero che gli altri lo prendano per eccitazione - ma sembra un wurstel con una fessura sul davanti.
Ho passato gli ultimi due anni a cercare di ricordare come si era comportata quella ragazza bionda che, alla sua semifinale, aveva letteralmente mandato a gambe all’aria il suo giudice per il piacere che gli aveva provocato con un pompino. Linda, si chiamava, giusto? Ero andata al suo incontro per scoprire quale delle quattro mi avrebbe sfidato alla finale, sicura che fosse la ragazza rossa sempre vestita come una senzatetto, e un po’ aspettandomi che quella nullità di Linda facesse una figuraccia, e invece mi ero ritrovata senza sapere quale delle due osservare quando le altre ragazze avevano fatto sborrare i loro giudici troppo presto.
Qualche pompa l’ho eseguita da quando me ne sono andata da Caregan, anche solo per convincere a prendermi ai colloqui di lavoro, e un po’ di prove su come raggiungere il livello di Linda le ho fatte.
Afferro con tre dita il cazzo e lo sollevo. Appoggio le labbra alla sua base, dove iniziano a pendere i coglioni, e lo bacio e succhio. Non mi aspetto di vedere Stefano che sviene come il giudice di Linda – cosa che non credo sia comunque intelligente da fare al proprio datore di lavoro davanti a tutto il resto dell’azienda – ma sono certa che qualcosa di buono posso farlo.
Stefano mi accarezza i capelli. Sarà uno stronzo che gestisce un giro di prostituzione che non evita di approfittarne, ma resta comunque un ragazzo migliore di tanti altri che ho dovuto sopportare negli anni.
Come mio cugino Gaetano…
Scaccio quel pensiero triste e ritorno a concentrarmi sulla realtà. Appoggio un altro bacio alla base dell’asta, l’afferro con una mano e, visto che Stefano si depila, prendo in bocca una palla e comincio a leccarla e succhiarla. Lui emette un sospiro… cazzo, non sverrà davvero?
La mia lingua muove il nocciolo del testicolo nella mia bocca… dove diavolo lo trova il coraggio un uomo di mettere tra i denti di una donna il proprio cazzo o le palle? Devono essere temerari, o tanto disperati da voler godere per mettere la loro virilità in una tagliola che potrebbe scattare ad un pensiero negativo della donna.
Vincenza, torna a concentrarti sul qui e ora! E dimostra al tuo capo e a questa manica di troie di seconda scelta che sei tu la migliore!
Lecco il cazzo per tutta la lunghezza, arrivo alla cima e, con un movimento della mano, faccio ritrarre la pelle e fuoriuscire la cappella. Un intenso afrore di eccitazione si solleva dalla punta, una goccia trasparente fuoriesce dal meato. Il mio capo è pronto a farsi fottere dalla mia bocca.
Sollevo lo sguardo verso quello di Stefano. Le sue pupille sono dilatate, respira a brevi fiati dalla bocca socchiusa, è in mia venerazione. Adesso ti faccio diventare mio schiavo, stronzo.
Senza distogliere gli occhi dai suoi, apro le labbra, protendo la lingua e la faccio scivolare sulla punta. Un sapore di detergente intimo e salato rimane sulle mie pupille gustative. Mi godo il fiato che si mozza nella gola di Stefano, la bocca che si spalanca, gli occhi che si sgranano. Trattengo un sorriso: non male, Vincenza, hai talento con i pompini. Avrei battuto Francesca senza problemi.
Stacco per un istante la lingua dalla cappella. È tempo di fare la schiava devota. «Sono felice che ti piaccia, mio padrone.»
Kimberly sta studiando la mia esibizione. La sua attenzione rimbalza come una pallina da ping pong dal mio viso a quello dell’uomo. Annuisce. «È brava! Very well!»
Morena, con il suo ridicolo cazzo di gomma in tiro, incrocia le braccia sulle sue bocce troppo grosse. «Nulla che non sappia fare anch’io meglio.»
Fottiti, troia, probabilmente non avresti saputo passare le semifinali. Guarda e impara da una maestra dei pompini.
La mia lingua traccia cerchi attorno alla cappella, lecca lo spessore della pelle che la copriva, bacio la punta. Sono quasi tentata di mettere un dito in culo a Stefano e cercare la sua prostata, ma è una cosa che pochi uomini apprezzano ricevere e io ancora meno donare. Lo farò godere a sufficienza già così.
Una mia mano prende i coglioni e inizia a muoverli come un giocoliere che si scalda le dita, l’altra la passo sulla mia fica che sta gocciolando e, bagnata, la uso per segare il cazzo con meno attrito possibile.
«Oh, sì, Vincenza!» La sua voce è appena udibile, ansima come se stesse facendo cardio. Qualche goccia di sudore scivola sul suo ventre.
Vorresti annusarmi la mano, eh, porco? Ti sto trattando anche troppo bene, un pompino simile non so se te lo meriti…
Ludmilla è inginocchiata, mi osserva a occhi socchiusi. Il ditalino che si sta facendo la fa sudare ben più di quanto stia riuscendo io con il capo. Sarà lei quella che mi fotterà con maggiore intensità, dopo, ne sono certa…
Un’ultima leccata e la cappella è nella mia bocca. La faccio scivolare lungo la lingua per—
Stefano si scuote. «Sto per venire, Vincenza!»
Apprezzo il fatto che, a differenza di tanti altri, non mi blocchi la testa per tenermi dentro il cazzo. Dai, anche solo per questo…
Lo tengo in bocca, lo sento palpitare un paio di volte o tre, l’uomo esplode nella mia gola: uno schizzo di sborra calda e collosa si riversa contro il mio palato, un altro e un altro ancora, sempre meno intensi. Mando giù tutto: mai sputare la bega di un uomo, ricordo ancora l’espressione desolata dei primi ragazzi che ho spompinato quando rigettavo il loro seme in un fazzolettino, o i fischi del pubblico alla gara verso chi scatarrava nel parcheggio lurido quello dei giudici. E poi, lui è il mio capo e non voglio fare brutta figura davanti a questa manica di troie d’accatto.
Mi alzo in piedi con la grazia di una gatta, passandomi la lingua sulle labbra come se stessi cercando le ultime gocce di un gelato gustoso. Mi avvicino al suo viso. «Grazie, Stefano, è stato bello…» Lo bacio sulle labbra, gli succhio quello inferiore.
Lui appoggia le mani attorno al mio torace e passa i pollici sui miei capezzoli, muovendoli come fossero joystick. Il suo cazzo si riempie di nuovo di eccitazione e si appoggia contro la mia figa, la sua cappella bagnata discosta appena le mie piccole labbra.
Lui si gode il bacio e aspetta che sia io a porvi termine. Mi sorride, la soddisfazione del mio lavoro di bocca brilla nei suoi occhi al punto tale che quasi mi aspetto si metta a piangere. La voce è quasi rotta dall’emozione. «Grazie, Vincenza, è stato fantastico.»
Ludmilla cade sul culo scossa dall’orgasmo che si è appena data, gli occhi chiusi e degli spasmi le attraversano braccia e gambe. Beh, in realtà si è ditalinata eccitandosi per il mio pompino, quindi potrei dire che gliel’ho dato io, l’orgasmo. Il primo che dono ad una donna… Il primo di cui sia a conoscenza, in effetti.
Mi aspetto che Stefano sposti le sue mani dai miei seni alle mie chiappe e, approfittando della nostra posizione e dell’effetto che gli faccio, mi impali sul suo cazzo, e invece fa un passo indietro e con uno sguardo si rivolge alle tre donne attorno a me.
«Adesso è tutta vostra, godetevela pure fino all’arrivo del pulmino.»
Sbatto gli occhi. «Aspetta, che cos…»
Morena e Kimberly mi prendono per le braccia e mi tirano verso il tavolo, mi ci spingono sopra e mi trovo sdraiata supina. Il piano è gelido sotto la mia schiena, i capezzoli diventano ancora più duri. Cosa diavolo hanno intenzione di fare, queste tre troie?
Ludmilla balza in piedi come una bambina di tre anni, sotto di lei c’è una pozzanghera di umori femminili. «Voglio fare un 69 con lei.»
Morena mi prende le gambe e me le alza fino a mettersele sulle sue spalle, il mio sedere si solleva dal tavolo. Cosa sta facendo?
Si volta verso la ragazza dell’est. «Fai quello che ti pare con la sua figa…»
Qualcosa di duro si appoggia al mio ano. Mi si mozza il fiato.
Morena torna a guardarmi. Il ghigno sul suo volto mi spaventa più del pezzo di plastica che si è messa tra le gambe. Mi prende le anche. «…a me interessa il culo, di questa troia.»
Mi irrigidisco. «No, Morena, asp—.»
Lei spinge le mie anche, il grosso cazzo di plastica irrompe nel mio retto come un camion che sfonda una vetrina.
Sono a bocca aperta, ma il fiato si è bloccato in gola. Se questo week end sarà davvero come un horror dozzinale, spero ti usino per controllare quanto è affilata la catena di una motosega, Morena, e io di essere lì ad assistere.
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